IN COSA CONSISTE E IN CHE FORME VIENE RICONOSCIUTA DALLA LEGGE

Il Senato l’ 8 luglio 2020 ha approvato in via definitiva il testo unificato del disegno di legge per il riconoscimento della cefalea cronica come malattia invalidante.

La cefalea cronica non è un semplice mal di testa passeggero, ma è presente tutti i giorni o quasi, che, come tutti i dolori cronici, rappresenta una condizione estremamente invalidante. Il 30% dei pazienti, a causa del dolore, è costretto a rinunciare a una vita di relazione, agli impegni di lavoro o a dedicarsi alla famiglia. Nel 43% dei casi la cefalea cronica causa tensioni in famiglia, nel 23% incide negativamente sulla sfera sessuale, nel 60% genera ansia e depressione. Nella cronicizzazione di un mal di testa possono essere implicati diversi fattori e tra questi uno molto importante è rappresentato dall’uso improprio e molto frequente di farmaci per il trattamento del dolore, ma anche i disturbi emotivi o lo stress giocano un ruolo fondamentale.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, emicrania e cefalea colpiscono 1 persona su 2 almeno una volta l’anno e fino a 3 persone su 4 nella fascia di età tra i 18 e i 65 anni. 

Cosa prevede la legge?

La cefalea primaria cronica, per essere riconosciuta dalla legge come malattia sociale, deve essere accertata nel paziente da almeno un anno mediante diagnosi effettuata da uno specialista del settore presso un centro accreditato per la diagnosi e la cura delle cefalee che ne attesti l’effetto invalidante. Essa viene riconosciuta nelle seguenti forme:

  • emicrania cronica e ad alta frequenza;
  • cefalea cronica quotidiana con o senza uso eccessivo di farmaci analgesici;
  • cefalea a grappolo cronica;
  • emicrania parossistica cronica;
  • cefalea nevralgiforme unilaterale di breve durata con arrossamento oculare e lacrimazione;
  • emicrania continua.

La Società italiana per lo studio delle cefalee sostiene come l’emicrania colpisce il 12% degli individui della popolazione generale. Sebbene possa verificarsi a tutte le età, la sua prevalenza è più bassa nei bambini e negli anziani mentre raggiunge unpicco nella fascia d’età compresa fra 25 e 39 anni. E a partire dall’epoca del menarca si osserva una prevalenza nettamente più elevata nelle donne rispetto agli uomini.

L’importanza del riconoscere questa malattia come invalidante, è sicuramente quello di sostenere coloro che ne soffrono, che venga quindi dato un giusto riconoscimento alla loro condizione di forte disagio.

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