I RISCHI PER LE FAMIGLIE LEGATE AL CONTRATTO DIRETTO CON LAVORATORE DOMESTICO

Si sa, assumere direttamente un lavoratore domestico per assistere una persona non autosufficiente, se da un lato porta agevolazioni economiche, dall’altro comporta una serie di possibili contenziosi o conflitti, soprattutto nel momento della cessazione del rapporto di lavoro con la badante. Specificando che questo articolo vuole essere un contributo per le tante famiglie che optano per gestire la badante in autonomia, il nostro servizio badante tutto compreso, sgrava le famiglie da rischi legali legati al rapporto di lavoro e pertanto non coinvolge coloro che si affidano a servizi di somministrazione del lavoro come il nostro.

Tornando al focus del nostro articolo, colf e badanti possono aprire una vertenza sindacale contro la famiglia da cui sono state assunte in casi come licenziamento senza preavviso, contestazione del licenziamento per giusta causa e altri riportati nell’elenco sottostante:

  • non viene pagato lo stipendio e/o i contributi;
  • non viene pagato il TFR;
  • non viene rispettato l’orario di lavoro o i giorni di riposo;
  • il datore di lavoro firma una busta paga con un valore diverso rispetto a quello effettivamente pagato;
  • ci siano altre anomalie nel conteggio delle ferie e dei permessi

Per fare ciò le badanti si rivolgono ad un sindacato che convoca il datore di lavoro per affrontare la contestazione in questione e cercare di trovare un accordo entro 60 giorni. Nel caso in cui in tale sede non si riesca a trovare una conciliazione, il lavoro passerà nelle mani di un avvocato di fiducia del sindacato per tutta la fase del processo.

Per ovviare a tali possibili problematiche e per gestire possibili conflitti non così rari, il consiglio è quello di leggere con estrema attenzione Contratto collettivo nazionale di lavoro sulla disciplina del rapporto di lavoro domestico per essere preparati su diritti e doveri del vostro lavoratore domestico. Inoltre nel caso di conflitto o minaccia dello stesso, è bene non cadere in ricatti per paura delle conseguenze ma aspettare lettere ufficiali del sindacato o qualsiasi carta che attesti la vostra chiamata a rispondere per un’ipotetica mancanza.

Quindi in generale è bene:

  1. Capire qual è lo stato di necessità: ho bisogno di una colf? Di una badante? La persona assistita è autosufficiente? La maggior parte delle vertenze riguarda lo sconfinamento da un inquadramento a un altro.
  2. Informarsi e studiare il contratto collettivo, i minimi retributivi, le ferie e la malattia. Nel momento in cui si assume una lavoratrice domestica si diventa datori di lavoro, con tutti gli oneri in capo e quindi gestire il rapporto di lavoro.
  3. Scrivere un contratto e dichiararlo all’Inps. Il lavoro domestico, per legge, può essere instaurato verbalmente. Ma laddove è chiaro quale sarà la mansione, quali le ferie, cosa succede in caso di malattia, il rapporto tra lavoratore e datore di lavoro è più limpido e franco.
  4. Fornire la  busta paga: non sono obbligatorie per legge, sebbene il contratto collettivo lo indichi. La busta paga riassume tutte le condizioni economiche del lavoro. In più insieme al contratto garantisce al tutela piena al datore di lavoro. Si ha il dettaglio della malattia, straordinarie, ferie.
  5. Pagare i contributi sull’effettivo orario lavorativo, e non trascurare la Cassa malattia. Il bollettino da pagare che l’Inps invia al datore di lavoro prevede solo i contributi previdenziali, tuttavia il contratto collettivo nazionale prevede all’articolo 52 anche il pagamento della Cassa malattia attraverso i Maf dei contributi previdenziali. Quando la lavoratrice va a richiedere dei rimborsi alla Cassa e non trova i versamenti iniziano i problemi.

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